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Con questo romanzo, Marco Boni ridefinisce la cultura pop in modo arbitrario e brutale, come al solito finendo per radere al suolo programmaticamente sia gli ultimi covi dell'underground sia i nobili e pretenziosi palazzi dell'Accademia. Gli strumenti per operare tale provocazione narcisistica sono i consueti: evaporazione delle coordinate spaziotemporali, semplificazione della lingua italiana, amore per le eresie e faziosità libertina. L'omaggio a un oscuro drammaturgo dell'Ottocento si materializza nella riedificazione del pantheon gnostico, popolato di semidivinità di volta in volta cattive, enigmatiche o materne, perché solo le fantasie più bizzarre possono legittimare una letteratura incatalogabile.